venerdì 12 ottobre 2012

Di campeggi e altre amenità

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Si dorme in macchina? Be’, così avevamo deciso, ma in realtà siamo riusciti a dormire in macchina solo la prima notte: dopo avere scoperto che ci sono i bunk bed a 8$, ci rifugiamo prontamente nella camerata, che in realtà è vuota. Perché non in tenda, direte voi? Be’ perché in primo luogo questo non è un campeggio, è un terreno agricolo trasformato in accampamento militare, senza alberi né erba, con un grosso capannone centrale in cui si può fare vita sociale fra i tavoli e i divani pulciosi e buttarsi per terra a dormire senza raccogliere la brina della notte sul saccoapelo. E in quanto terreno agricolo più che ameno campeggio verdeggiante, il nostro desiderio di immergerci nella natura è alquanto ridotto.

In tutto il campeggio ci sono solo quattro toilette, o bagni, e due docce. Considerati gli odori maschi che si sentono in falesia, ci pare che il problema della doccia non sia molto sentito. In compenso, internet funziona benissimo, e tutti sono molto gentili.

Verso le sette del mattino di domenica sentiamo il cuoco che ciac ciac ciac ciac taglia le cipolle per la colazione (io immagino siano cipolle, magari è qualcos’altro, forse bacon), ma se non altro abbiamo dormito bene. Sempre sperando che non ci siano passati i topi, di lì...

Un grosso pick-up Ford è parcheggiato davanti al capannone col motore acceso: probabilmente le emissioni di quel bestione equivalgono a quelle di tutta la città di Torino. Altro che Euro 3, 4 e 5, qui i motori devono puzzare, altrimenti che macchine sono?

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Il capannone: sul lato sinistro, un piccolo pannello (e sui materassi ci si dorme); sul divano, una bambina addormentata nonostante il casino intorno a lei.

Giornata nuova, falesia nuova. Non resistiamo alla tentazione di fare una vista a Eastern Skybridge, su consiglio di Mark. Veniamo invariabilmente attratti da Soul Ram, un 12b a cinque stelle (cinque, dico cinque!) firmato Porter Jarrad. Io ne sono all’oscuro, ma la guida spiega che la via è dura per il grado (e te pareva che ne scegliamo una facile) e che bisogna fare attenzione a non perdere la testa…. Il perché lo capiamo in fretta. Altro che Ceüse, qui di spit hanno veramente fatto economia, anche e soprattutto nelle sezioni dure. Il muro è perfettamente verticale e di magnesite nemmeno l’ombra: più spesso che volentieri ci troviamo a strizzare qualsiasi cosa, cercando il modo per alzare i piedi e arrivare all’appiglio successivo. Che sarà un po’ più in alto, ma dove non si sa. il climax della mia giornata è un volo eterno da spit (in cui avrei voluto passare il rinvio) a spit precedente: cinque metri di distanza, per due di caduta, uguale dieci. Non me ne accorgo nemmeno, ma appena mi stacco dalla parete caccio un urlo che finisce solo quando finalmente sento la corda in tensione. Jaco, sotto, se la ride. “Piaciuto il volo?” mi chiede, con un sorrisetto furbo. Lui lo sa bene, di voli ne ha fatti almeno cinque, in quel punto. Come no. Animo, siamo solo a metà via….

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