mercoledì 11 aprile 2012

New River - Fern Buttress

Sette ore sono tante, quasi come per arrivare a Tarne da Torino; normalmente però avremmo affrontato simili distanze con almeno due settimane di tempo a disposizione, non 4 giorni. Destinazione New River Gorge, West Virginia (eh sì, quella di "mountain momma, take me home, country road"). Scendiamo verso sud-est, lungo improbabili freeway con intersezioni semaforiche a raso, finché il panorama piatto dell'Ohio non lascia posto ai profili degli Appalachi. Le montagne, finalmente. Siamo troppo stanchi, ed è troppo buio, per apprezzare veramente. Alle 4 di notte crolliamo sul letto del motel di Fayetteville, WV.

Il fiume, scavandosi un passaggio fra le montagne, ha rivelato nei millenni le fasce rocciose - arenaria - che costituiscono le falesie del New River. Il corso d'acqua serpeggia cinquecento metri più in basso, ma da Fern Buttress non lo possiamo vedere; l'area in cui raggiungiamo Tim e gli altri è poco esposta, arretrata rispetto alla linea della parete.
Scopriamo in fretta che la nostra abituale concezione di falesia mal si adatta a New River, dove difficilmente si riesce a farsi un'idea del profilo che assume, o abbracciare con lo sguardo più di qualche tiro alla volta. Bisogna camminare, seguire il sentierino per andare a cercare il tiro cui si è interessati, cambiando di volta in volta settore; ci si ferma a fare due tiri di riscaldamento, si riparte per scovare la via valutata quattro stelle, si consulta la guida e si scopre che mancano ancora venti minuti al settore che si vuole raggiungere.
Tra i tiri spittati, un paradiso di vie da proteggere.

Dopo il secondo tiro abbiamo già capito una cosa: i gradi bisogna sudarseli. Seconda cosa: date le caratteristiche della roccia, più verticale e meno lavorata rispetto a Red River, i passi di blocco sono l'elemento caratteristico di ogni via, ovviamente proporzionati al grado. 5.10d: bloccaggio furioso. 5.11c (6c+): uscita su bordo piatto degna delle migliori ribalte su boulder. A dire il vero, non ce ne rendiamo conto subito, non in questi termini. Passiamo al piatto forte, un 5.12d; una scelta d'istinto, non possiamo fare a meno di rimanere a bocca aperta davanti al muro arancione, leggermente strapiombante, che domina una piccola radura.
Come al solito, il primo rinvio è a quasi tre metri d'altezza, e non se ne parla di lanciarsi senza la corda passata. Le partenze sono spesso boulderose, e la stessa guida raccomanda di pre-moschettonare la prima protezione. La distanza degli spit non diminuisce salendo, anzi aumenta; bisogna mettere in conto voli lunghi e dotarsi di materiale da abbandono (o recuperare quello degli altri che si trova in abbondanza), soprattutto perché i passi di boulder, come dicevamo, sono proporzionati al grado, e talvolta su un 7c si può trovare un movimento semplicemente infattibile.
Sarà colpa del sole, o sarà veramente troppo duro, ma il chiave della via ci sfugge; le prese sono lì, un buco svaso per la punta di due dita, una presa piatta (ma proprio piatta) come intermedia, e una fessura orizzontale lontanissima. Jaco fa ancora un tentativo, io getto la spugna e suggerisco di spostarsi verso l'ultimo settore, alla ricerca di Fall Line (5.12b, 7b/+), la via più in stile Red River che si possa trovare al New. Venduto.
Passiamo la mezz'ora successiva a camminare sotto un sole feroce, ogni tanto protetti dagli alberi, lungo i sali scendi che conducono all'estremità della falesia. Non incontriamo nessuno, se non i nostri amici che continuano a scalottare sui 5.10. Non c'è nessuno, ed è il week end di Pasqua.


Strano odore, vero? Abbiamo raggiunto la nostra parete, uno strapiombo dalle forme che ricordano in qualche modo il granito, con l'aggiunta di enormi buchi svasi nella parte alta. A destra, una cascata che purtroppo non rinfresca abbastanza l'aria. Ogni tanto percepiamo uno strano odore dolciastro, ma solo dopo qualche minuto ci rendiamo conto che si tratta della carcassa di un animale, forse un cervo, in decomposizione.
Non ci lasciamo scoraggiare, parto per su Fall Line decisa a fare un serio tentativo a vista, nonostante la pendenza a me non proprio favorevole. Ecco, ci risiamo. Passo duro, un lancio a uscire dal tetto. Provo un po' di volte, cerco soluzioni, mentre la gomma delle scarpette si fonde per il calore del sole, e la mia testa pure. Passo oltre, e dopo una serie di rimbalzi al penultimo spit riesco finalmente ad arrivare in catena.
Jaco  risolleva le sorti della cordata, tira fuori le ultime energie e con un po' di informazioni si porta a casa il tiro, dinamizzando tutto quello che può dinamizzare.
Siamo a pezzi, non tanto per la stanchezza fisica, quanto per l'impegno mentale che ogni tiro ha richiesto. Il concetto di arrampicata "sportiva" non è il più adatto a questo posto. Beh, certo, ci sono gli spit, ma mai dove li vorreste, e mai tanti quanti ne vorreste. Abbiamo capito che qui non si scherza.








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