lunedì 13 febbraio 2012

The Detroit Rock Climbing Company

The Detroit Rock Climbing Company.

Si nasconde nello scantinato della palestra di Pontiac, dietro una porta nel muro boulder - su cui comunque erano state attaccate prese e tracciati blocchi - da cui da tempo vedevamo uscire e entrare gente. La curiosità di capirne di più ci era venuta dopo che avevamo iniziato ad apprezzare le prese che la compagnia produce; prese in cui solo la parte destinata alla prensione è rugosa, laddove tutto il resto della superficie è invece liscio, liscissimo.

Immaginate ad esempio un bidito: solo l’occhiello interno offre attrito, inutile pensare di appoggiarci un piede. Il primo impatto era stato traumatico, ma era chiaro lo scopo: mettere in difficoltà l’arrampicatore, costringerlo a un uso ristretto o limitato dell’appiglio-appoggio.

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Finalmente, oggi abbiamo conosciuto i due fratelli che mandano avanti la compagnia e le due palestre Planet Rock, Ann Arbor e Pontiac. Sono di origine italiana. Vincent e Nick Cocciolone.

Ci hanno aperto la porta del basement, mostrato le rastrelliere cariche di prese colorate, e ci hanno raccontato perché a Detroit - la “motor city” - c’è una “climbing company”.Negli anni Novanta, Nick gareggiava a livello nazionale, ma non aveva a disposizione una struttura per allenarsi, le palestre più vicine erano ad Albion o Grand Rapids, entrambe a più di un’ora di distanza. Di roccia su cui arrampicare a meno di sei ore di distanza non se ne parlava nemmeno.

Aprirono il primo muro, quello di Pontiac, nel 1994, con l’intenzione di farne anche un business, al di là dell’uso personale. In linea con le preferenze dell’epoca, la maggior parte della superficie fu destinata alla scalata con la corda; mentre quando si trattò di progettare e mettere in piedi Ann Arbor, solo pochi anni dopo, nel 1999, il bouldering aveva già iniziato a prendere piede, e si era così guadagnato uno spazio molto ampio, su due livelli, nel progetto di Nick. Contemporaneamente all’apertura del muro, Nick e Vince iniziarono a valutare la possibilità di produrre personalmente le prese, che rappresentavano la spesa maggiore nella gestione della palestra. Vince, che nel novero delle sue attività includeva anche quella di tracciatore, aveva sperimentato l’effetto che le prese lisce e lucidate della Voodoo facevano sugli arrampicatori. Li obbligavano a usare solo una parte della presa, senza possibilità di appello. Il sogno di ogni tracciatore, che lo scalatore esegua la sequenza di movimenti come lui l’ha pensata, senza scorciatoie.

La sperimentazione durò qualche anno, mentre i Cocciolone valutavano la convenienza di lanciarsi nel business delle prese; perché fosse vantaggioso produrle per i propri muri, era necessario poterle anche vendere.

Vince racconta che non fu facile ottenere l’effetto che cercava, rendere le prese così lucide, e pare che per ora nessuno dei tanti concorrenti della DRCC sia riuscito a imitarlo.

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(segue)

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