L’estate è una stagione dura, in Michigan. Le falesie di casa - Red River e New River - si trasformano in foreste tropicali, piene di insetti e serpenti (quelli velenosi, i copperhead) con un tasso di umidità che supera il 100% e nemmeno un filo d’aria. Per questo gli arrampicatori che ad agosto non possono andare in vacanza - come noi - vanno in letargo fino a fine mese, o a inizio settembre, in attesa che l’autunno ricacci tutte le bestie nelle loro tane e che la temperatura diventi più tollerabile. Il lato positivo della cosa è che scaleremo nella stagione migliore, e in programma abbiamo una o due settimana a Red River con tutta la compagnia.
Ma torniamo al presente. Il caldo e una visita di parenti sono buone scuse per visitare un angolo del Michigan che si chiama Sleeping Bear Dunes (ovvero le dune dell’orso che dorme), dove il casino tipico dei laghi - chiatte, motoscafi, sci d’acqua, bimbi a cavallo di banane giganti - è stranamente assente: si tratta di un parco naturale, e per nostra fortuna non vi si può accedere con barche o mezzi a motore, né con altre diavolerie tecnologiche. Per questo le spiagge sono tutto sommato poco frequentate, o meglio deserte; si può camminare per un’ora senza incontrare praticamente nessuno.
Quando arriviamo in spiaggia quasi non crediamo ai nostri occhi. Adesso capiamo perché questo posto è stato dichiarato, due anni fa, il luogo più bello d’America (non del Michigan, di tutti gli USA!)
E questo sarebbe un lago? Stentiamo a crederlo, sembra piuttosto di essere al mare. L’acqua è limpida e trasparente, priva del tipico odore di salmastro che caratterizza i laghi. Piccole onde increspano la superficie, e vicino a noi ci saranno sì e no quindici persone. E’ un paradiso.
Devo tenere a mente che non bisogna mai fare affidamento sugli altri per le foto. Decido di non portare la macchina, e sbaglio. L’unica immagine lascia alquanto a desiderare, ma laggiù, in lontananza, dove la costa si spinge nel mare (oops, nel lago), ci sono le dune. E sulle dune si scala. Chiariamo, la chiamano “dune climb”, ma ovviamente con l’arrampicata ha poco a che fare; si tratta piuttosto di una camminata che ricorda le scarpinate in montagna, con la differenza che il terreno è sabbioso, e che ci si inerpica per dune alte fino a 30 metri. Il sentiero conduce fino al lago, e da lì si torna indietro, per un totale di 4 o 5 miglia. Non sono granché, ma non dimenticate il fattore sole e caldo (90 gradi, a picco) e il fattore sabbia. Due miglia in salita sulla sabbia - sabbia profonda, come in spiaggia o nel deserto - non sono mortali, ma richiedono già un certo impegno. La partenza è una muraglia di sabbia alta trenta metri, che nasconde il paesaggio retrostante; in molti salgono allegramente in ciabattine e senza acqua credendo che il lago sia appena oltre (e ovviamente ne rimangono talmente delusi che tornano subito indietro). Noi camminiamo per un’ora, sperando che dietro ogni gobba si riveli l’acqua, ma quando ciò succede, e l’acqua si rivela, non è affatto vicina. Il lago Michigan è ancora lontanissimo.
Tuffarsi nel lago è il giusto premio per avere tenuto duro. Entriamo in acqua completamente vestiti, in maniera che lungo il sentiero del ritorno gli indumenti bagnati ci rinfreschino un po’. Incrociamo un gruppo di cinesi che ci chiedono se il lago sia vicino quando ormai siamo arrivati al parcheggio. “Beh, non proprio”, rispondiamo, incerti se metterli in guardia o lasciare che vadano incontro al proprio destino. Sulla duna che scende verso il parcheggio ci sono due o tre persone arenate come balenottere nella sabbia, che chiaramente non proseguiranno oltre. Un altro gruppo di cinesi si accinge a partire, senza acqua e tutti con le infradito ai piedi. Ci impietosiamo e gli consigliamo di mettersi almeno le scarpe da ginnastica. Il padre richiama immediatamente i figli e sembra dubbioso. “Allora non è vicino, eh? Ma non ci posso arrivare in macchina?”