lunedì 23 aprile 2012

New River - Endless Wall

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Le abbiamo provate tutte, ma fino a questo momento non siamo ancora riusciti a capire bene quale sia l’edera velenosa. Foglie lucide o opache? Tendenti al rosso o verdi e basta? Vista l’incertezza, abbiamo iniziato a camminare a zig zag, evitando con cura qualsiasi arbusto ederiforme o foglia protesa che fosse, con risultati comici e poca efficacia; e abbiamo altresì evitato di posare zaini e vestiti in punti in cui vi fossero altro che sabbia e pietre. Sospettiamo che una caratteristica siano le foglie attaccate a gruppi di tre, ma dato che ognuno propone un diverso sistema di identificazione, rimaniamo un po’ dubbiosi.

L’edera velenosa è comunque il minore dei problemi, dato che la lista dei pericoli che si possono incontrare in falesia comprende:

- la suddetta edera velenosa, o poison ivy

- gli orsi

- serpenti vari

Per quanto riguarda gli orsi, ne troviamo menzione in un cartello all’imbocco del sentiero che porta a Endless Wall, uno dei settori più scenici di New River, raggiungibile sia attraverso scalette di metallo che scendono quasi verticali verso la falesia, sia in calata (ho dimenticato di inserire nella lista gli avvoltoi; generalmente non danno problemi, a meno che non scegliate male il punto di calata).

Detto cartello spiega che, nel caso di incontro con un orso, è bene evitare di avvicinarsi, mentre conviene invece allontanarsi senza mostrare segni di paura, quindi senza correre e soprattutto senza voltare le spalle all’animale. Un’altra possibilità consiste nel mostrarsi grossi e pericolosi, ma francamente non saprei bene come attuarla.

Pare invece che “fingersi morti o salire sugli alberi non sono soluzioni consigliate”. Nel caso di un attacco, è necessario “reagire cercando di difendersi con qualsiasi strumento a disposizione”. Incoraggiante. Riprendiamo a camminare facendo rumore, come suggerito dalle istruzioni. Ma quando escono dal letargo, gli orsi?

Un altro cartello spiega invece di fare attenzione ai “copperhead”. Dato che la zona è rinomata per il trad, in un primo momento pensiamo che l’avvertimento sia legato ai pericoli dell’arrampicata tradizionale; ma leggendo poi che questi copperhead si annidano nelle fessure, Jaco si rende conto che non stiamo parlando di ferri, ma di un serpente, anzi di uno dei serpenti più velenosi che ci siano al mondo. Giusto nel caso che uno sopravviva all’orso.

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Nonostante tutto, oggi ci va bene. Niente edera, e niente orsi. Gli unici avvoltoi che vediamo non ci prestano molta attenzione.

La falesia è deserta, come al solito, e dopo due primi tiri da malditesta (sfido uno che fa il 6b ad arrivare in catena su questi tiri di riscaldamento) finalmente raggiungiamo l’illuminazione, e capiamo la magia del luogo. Ci abbiamo messo solo quattro giorni, alla fine. Appena prima della catena, la linea di Discombombulated (5.11b, 6c) si sposta sullo spigolo della parete, e in quel momento si rivela tutto il paesaggio sottostante: il fiume, lontano sotto di noi, quasi sfocato nel calore del sole; il verde lussureggiante delle foreste, gli avvoltoi che volano senza emettere un suono e senza movimento apparente. Sembra tutto immobile, e immenso, talmente selvaggio da togliere il fiato. Un luogo che richiede impegno, che non si lascia consumare.

Saliamo in macchina in preda all’esaltazione e spariamo a palla il rock dei Black Keys; rock nelle orecchie, rolling lungo la highway che ci riporta a casa, e senso di totale libertà sotto le dita.

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